Le differenze tra una rivista-zombi e una rivista-manga. (di Ulisse Acquaviva - Mamma!)
Cari cugini scaricabili,
Noi di Mamma! le abbiamo provate tutte per sedurvi: un inserto staccabile autogestito all'interno della nostra rivista, la ristampa enciclopedica di tutti i vostri PDF su carta patinata, le nostre chimere editoriali che ci permetteranno di pagare tutti i collaboratori raggiunto il traguardo di tremila abbonati. Ma voi niente. Irremovibili. Avete pigiato il pedale sull'acceleratore con la stessa fredda e lucida determinazione di Thelma e Louise, per vivere fino all'ultimo come volete voi anziche' continuare a sopravvivere come vorrebbero altri.
E questo ci ha insegnato tante cose, ad esempio la differenza tra una rivista/zombi e una rivista/manga. La rivista/manga fa come i manga giapponesi, dove accadono tre cose inaccettabili e incomprensibili per la nostra cultura occidentale: i cattivi a volte diventano buoni (come accade a Vegeta di Dragonball), i buoni muoiono (come fa il mitico Tetsuya Tsurugi che esplode da kamikaze assieme al Grande Mazinga nell'ultimo episodio del fumetto) e le serie si concludono, come avete fatto voi e come fanno tutti i fumetti giapponesi, che durano al massimo qualche decina di volumi mentre l'Uomo Ragno ha vent'anni da cinquant'anni e ci rompe le balle da migliaia di numeri.
La rivista/zombi, invece, e' quella che non sa rinnovarsi, che vorrebbe ripetersi all'infinito sempre uguale a se stessa, che vuole agganciarsi alla nostalgia dei lettori anziche' stimolare la loro fantasia, che spera di cavalcare la forza di un marchio senza capire che a volte insistere su un marchio e' come andare in egitto per insistere coi geroglifici anziche' inventarsi altri simboli per comunicare.
Voi avete scelto di essere una rivista/manga, facendo harakiri con lo stesso orgoglio dei nobili samurai giapponesi, abbracciando un destino ignoto piuttosto che adagiarvi nelle abitudini di sempre, guardando il lettore negli occhi con la stessa grinta che aveva Marv nelle pagine di Sin City seduto sulla sedia elettrica, senza rimpianti, senza tristezza, senza piagnistei, senza retorica.
E allora buona vita a voi, cari compagni di penne e matite. La vostra fine degna di un film di Tarantino o Kurosawa e' piu' gloriosa di molti inizi a cui ho assistito in questi anni.
Avete resistito per anni alla tentazione di diventare "persone normali", "ragazzi per bene", "satiri di successo", avete dribblato con infinita saggezza le lusinghe della notorieta', non vi siete mai piegati al mondo che vi vorrebbe in cravatta a cercare un lavoro vero, avete tenuto vivo fino all'ultimo lo spirito della vostra magnifica banda di cialtroni.
Tutto questo vi ha reso degni del premio piu' ambito, la chiave dell'Isola che non c'e', il segreto della "vita leggera" che si rivela solo ai bambini e agli illuminati, il terzo occhio di chi non cerca l'attaccamento alle effimere sicurezze del mondo del mondo, l'eterna giovinezza della mente e dell'anima che vi schiude le porte di un Olimpo dove pochissimi eletti osano ripetere le parole di Peter Pan: "To die will be an awfully big adventure", morire sara' una grande e tremenda avventura.
Chapeau, onore al merito, mi inchino di fronte al vostro percorso.
Il vostro affezionato
Ulisse Acquaviva